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Per i suoi amici è Hakuchi, 白痴 (in kanji, letteralmente: “Idiota”), come si legge sul suo sito. E’ un artista che ho scoperto da poco (cfr. qui), proprio tramite il network dell’Inazuma Cafè. Trovo le sue opere realmente straordinarie: davvero... custom culture? Come già per Billy Argel, questo genere di espressioni artistiche mi affascina. Shoehi (il cui nome, evidentemente, non ha nulla a che vedere con il noto brand di caschi) è il figlio di un celebre disegnatore manga: Katsuhiro Otomo. Trovare le sue opere sul web è abbastanza facile. Se poi piacciono o meno, specialmente per la crudezza dei soggetti, è una questione di gusti personali. In ogni caso è difficile dimenticarle. Ancora più difficile è sapere di più di lui (questo post, in effetti, mi ha portato via un po’ di tempo). Provo allora a raccontarlo al cafè approfittando di una intervista di apparsa su Computer Arts il 9 febbraio 2011, firmata da Tom Tennis e da me tradotta in italiano dall’inglese.


Shohei, che si firma col suo nome di battesimo a lettere maiuscole, è nato a Tokyo nel 1980, e si è laureato in arte alla Tama Art University, specializzandosi nella pittura ad olio. Abbandonati gli oli e le tele, ora crea utilizzando penne a sfera, fogli di carta e un mix di iconografia tradizionale giapponese e di contorti, spesso scioccanti, soggetti artistici. Le opere di Shohei spesso fondono personaggi manga convenzionali con crudo sesso, violenza e volgarità. Eppure c'è un profondo umorismo nel suo lavoro: geishe che indossano occhiali da sole alla Bono, cherubini che si librano su fanciulle che impugnano siringhe ipodermiche… un Samurai in posizione di combattimento, che brandisce non una spada, ma una mazza da baseball completamente dipinta. In un altro di i suoi disegni, la punta di un dito mozzato galleggia nello spazio bianco in contrasto con luminosi lampi rossi, con la crudezza e l'impatto di una contorta stampa di Warhol.


"Quando ero all'università, ero proprio nei guai, scarabocchiavo cose sul mio taccuino durante le lezioni di pittura ad olio. Tanto per cominciare, non ero bravo con i colori. Mi divertivo solo disegnando con la penna a sfera . Mi sentivo di non avere restrizioni,  libero di esprimermi. In più ero al verde costava meno della pittura ad olio A ventiquattro anni ho iniziato a concentrarmi esclusivamente sul disegno con la penna a sfera. Ho fatto dipinti a olio ogni tanto, giusto quando potevo racimolare i soldi per pagare i materiali. All’epoca lavoravo molto come free lance e avevo un lavoro part-time presso un drugstore notturno. Disegnavo volantini per gli eventi dei miei amici  e copertine degli album per le loro band indipendenti. Penso che le mie cose di allora fossero più hardcore, erotiche, o grunge. Dato che le band dei miei amici avevano stili e attitudini simili ai miei, funzionava bene.”

Mentre l’istruzione universitaria gli ha insegnato la pittura a olio tradizionale giapponese, il suo interesse, l'assorbimento di influenze occidentali e la moderna cultura giapponese spiegano le contraddizioni contenute nelle sue illustrazioni. C'è la netta sensazione che le sue opere esplorino spazi di confine dove la cultura occidentale incontra quella giapponese, e lui stesso lo riconosce. “Credo che gli artisti giapponesi creino opere originali grazie al loro istinto naturale e la loro abilità. Sono molto efficaci in questo, ma molto di ciò che creano è superficiale e privo di senso di profondità per me. Gli artisti occidentali, invece, tendono a prendere conoscenza delle arti con la loro solida competenza tecnica e producono lavori molto equilibrati, ma ho l'impressione che siano un po’ rigidi talvolta. I giapponesi usano l’intuizione. Gli occidentali la logica.”


E 'questo scontro di influenze culturali che definisce l’arte di Shohei. C’è una logica nella sua produzione: una precisa, quasi minuziosa, attenzione alla tecnica e al dettaglio che lui vede come un tratto occidentale. Eppure i risultati sono radicati nella cultura contemporanea giapponese, con evidenti riferimenti a soggetti familiari: samurai, geishe, bambini che litigano nelle scuole e allucinate ragazze postmoderne. Questo equilibrio è piuttosto palese nel metodo creativo di Shohei che, tra l’altro, prevede molte delle tecniche tradizionali utilizzate nella creazione dei fumetti manga. Dopo la visualizzazione di una illustrazione, Shohei dice che inizia la pianificazione strutturata dell'opera d'arte.


"Una volta che ho deciso quel che voglio disegnare, comincio a delineare una bozza con i movimenti del corpo dei personaggi, insieme al guardaroba e un’idea di base. Cerco di esprimerla nel modo più dettagliato possibile, finché non sono soddisfatto. Uso materiali stampati, scatto foto e guardo anche allo specchio per avere un riferimento. Allora prendo quel che ho disegnato nella fase precedente e lo traccio sul foglio con una matita. Immagino poi quale sarà il prodotto finale, e inizio a riempire i dettagli con una penna a sfera. Quando i dettagli sono completi, prendo un pennarello nero per inchiostrare. Una volta che l'inchiostro è asciutto, cancello i contorni a matita. Se ci sono imperfezioni e correzioni da fare, le faccio e il gioco è fatto. Questo è il mio processo di disegno in poche parole." Ed ecco il processo: semplice, ma tecnicamente dettagliato, l'antitesi della moderna illustrazione digitale multilivello. E’ anche minuziosamente lento, ma la precisione e il dettaglio nelle sue opere ne beneficiano. E’ la tecnica penna a sfera che Shohei insiste nel dire che rende le sue opere così diverse. Dopo tutto, i colori semplici e la resa dei dettagli, in realtà, assomigliano più a un tatuaggio che non a opere tradizionali di arte illustrativa. "Quando disegno, posso letteralmente sentire tutto, dalla punta della penna fino alle mie mani. L'inchiostro non è riflettente come la traccia plumbea di una matita, e la cosa migliore è che costa poco! Una penna a sfera da 80 yen mi dura 10 disegni."


L'equilibrio tra la cultura occidentale contemporanea e la tradizione giapponese nel lavoro di Shohei gli ha consentito di guadagnare attenzione dall'estero e nella sua terra natale. Molte delle sue mostre sono state negli Stati Uniti, dove le sue opere sono molto popolari.


"La mia prima mostra è stata a Kansas City. Avevo 24 anni. In un'ora ho venduto circa 20 illustrazioni. Pazzesco. Non credo di aver più venduto così tante opere in una delle mie mostre successive. La sede era parte di un gruppo di gallerie d'arte, ed è stato interessante perché non c'era nessuno in nessuna delle altre gallerie, ma la mia era piena! Non sapevo cosa aspettarmi andando lì, ma probabilmente il successo è stato dovuto al fatto che non sono molti gli artisti stranieri a esporre a Kansas City. Provare questa esperienza mi ha fatto desiderare di esporre di più negli Stati Uniti. Forse anche trasferirmi lì. Ma so bene che il mio lavoro è speciale a causa delle influenze giapponesi che subisco. Se dovessi trasferirmi in USA non sarei ispirato a disegnare in stile giapponese. Anche se disegnare qualcosa di diverso potrebbe essere altrettanto bello"

Ma le mostre di Shohei in Giappone non sono meno drammatiche. In una recente mostra a Kanazawa, l'organizzatore ha chiesto Shohei di applicare la sua tecnica di illustrazione sulla carne umana. E lui ha creato una live session di disegno, applicando make-up e intricati dettagli grafici a una modella.

"In realtà è una cosa che avevo già fatto qualche volta. Utilizzando colori acrilici, ho semplicemente disegnato alcuni motivi in rosso, bianco e nero, ispirati allo stile Kabuki di make-up e creato qualcosa che potesse esaltare il corpo della modella. Questo show ha avuto una buona partecipazione, forse 150 persone in un piccola galleria. E' raro che la gente di Tokyo esponga a Kanazawa, così l’evento è riuscito davvero bene. "

Oltre che per gallerie, Shohei ha lavorato anche per clienti privati. Sebbene le sue opere non si prestino a essere utilizzate in campagne pubblicitarie di massa, hanno invece riscontro tra i musicisti in particolare, che trovano affinità con il suo stile. Come il suo connazionale, Takashi Murakami, il lavoro Shohei è popolare tra artisti hip hop e gruppi rock, tra i quali il complesso post-punk Japanese Cartoon, guidato dal famoso artista hip hop Lupe Fiasco. "Lupe Fiasco mi ha contattato attraverso la galleria Compound nel corso di un mia esposizione. Era interessato ad usare i miei lavori. Ma non c'era molto tempo, così ho finito per usare qualcosa che avevo già realizzato. Ho solo adattato un po'".


Quando gli chiediamo della sua ispirazione, Shohei si confessa. Si percepisce un’influenza cinematografica nelle sue illustrazioni, con i personaggi bloccati in pose teatrali. Quando gli viene chiesto quali film hanno influenzato il suo stile, Shohei risponde: "Kobayashi Masaki's Seppuku è tra i miei film preferiti. E 'un film in bianco e nero che narra di un ronin e della sua storia sino al suo suicidio mistico. E' una storia di bene e male, vita e morte. Mi piacciono anche gli spaghetti western, soprattutto quelli di Sam Pekinpah, regista de Il mucchio selvaggio e Voglio la testa di Garcia, i miei due western preferiti. Ma non posso dimenticare Akira Kurosawa. I sette samurai rimarrà per sempre un classico. E Toshio Matsumoto: Shura è un grande film".


Shohei coglie le caratteristiche che rendono intriganti i personaggi western e Yakuza ed è spesso ispirato a disegnare dopo aver visto questi film. "Ma non ho alcun desiderio di disegnare perfetti superuomini. Non siamo così interessanti, senza i nostri difetti." (Trad. da  Computer art, Tom Dennis, Feb. 2011)

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